Il caffè di Massimo Gramellini
Una delle meraviglie dell’infanzia è che ci si addormenta ovunque. Anche dentro una valigia. Anche dentro una guerra. La foto è stata scattata alla periferia di Damascoe
documenta l’esodo da un quartiere di nome Ghouta, dove ieri sono morte
cento persone sotto le bombe di Assad, liberatore o sterminatore a
seconda dei gusti. La mano che regge il bambino nella valigia appartiene
presumibilmente all’uomo che ha avuto il coraggio e la follia di
metterlo al mondo. Rappresenta l’ultima certezza per lui, rimasto senza
più casa né cibo.
È il terzo bambino siriano che ci viene
addosso. Il primo fu Aylan, annegato su una spiaggia turca come se
dormisse. Ci costrinse a guardare i profughi con altri occhi. Poi
l’emozione svanì e, per gli europei, i migranti tornarono a essere gli
sfaccendati che bivaccano nelle loro piazze. Il secondo fu Omran, il
piccolo Lazzaro riemerso dalle macerie di Aleppo con il corpo ricoperto
di sangue e di polvere. L’emozione venne replicata, ma durò ancora meno:
in fondo non era neanche morto. Adesso arriva il bambino nella valigia.
Per quanto tempo resisterà nei nostri cuori?
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