domenica 27 novembre 2016

Argini e ponti ad arcata unica. Così si è scongiurata la strage

Ventidue anni fa il Piemonte contò 70 vittime e danni per miliardi di euro. Oggi l’acqua fa meno paura grazie agli interventi e al dialogo tra Comuni


CEVA (Cuneo)
Alcuni giorni di pioggia. E ventidue anni fa, il 5-6 novembre ’94, il Tanaro e gli affluenti in piena sconvolsero la geografia del Basso Piemonte. Le colline cedettero come ferite da profondi graffi. L’acqua arrivò ovunque e quando si ritirò portò con sè 29 vittime nella sola provincia di Cuneo. Una settantina in Piemonte. La più piccola, Riccardo Sobrino di Alba, aveva solo 5 anni. Ponti crollati, frane che sbriciolarono le montagne, strade ridotte a brandelli rubarono la vita a coppie, pensionati, giovani. Danni incalcolabili, per centinaia di miliardi tra rimborsi ai privati, attività commerciali e industriali, opere pubbliche. Anni di lavoro per riportare la situazione alla normalità.

Città e paesi che cambiarono, comunque, volto per sempre. Su «La Stampa» di lunedì 7 novembre ’94, Nuto Revelli scrisse: «La speranza è che questa lezione non si ripeta. Tornerà il sole. Si ricostruiranno le strade e i ponti. Ma dovremo uscire dall’ignoranza di sempre. O impareremo a rispettare il territorio o questa storia continuerà a ripetersi». Profetico. Ma la memoria è servita per far sì che negli anni a venire nuove alluvioni provocassero sempre meno disastri. E questa volta il Piemonte e i piemontesi si sono fatti trovare pronti. «Cittadini e amministratori ne hanno fatto tesoro - dice l’attuale assessore regionale alla Protezione civile, Alberto Valmaggia -. Dai fatti del ’94 sono nate una nuova coscienza, preparazione e consapevolezza dell’importanza della tutela del territorio. Ne fanno parte anche le esercitazioni costanti che, anche adesso, hanno evitato guai peggiori».

Ventidue anni fa a dare l’allarme fu, con un fax alla Prefettura e al Magistrato del Po, il sindaco di Ceva Gianni Taramasso. Che ebbe la felice intuizione di far sgombrare le scuole e chiudere i ponti. «Niente di scritto o codificato - ricorda -, fu solo buon senso».
Dal ’94 al 2016, tecnici, sindaci, Regione, Aipo hanno predisposto piani idrogeologici, andando a intervenire là dove possibile. In primis sugli argini, trascurati da anni, se non di più.

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