mercoledì 25 marzo 2009

Giochi perversi (da un idea di Claudi Santoro)



Il racconto non è mai stato terminato


Claudio mi sorride. Sembra di buon umore.
Eppure quel suo sorriso ha un che di "sinistro".
Un brivido mi serpeggia lungo la schiena, poi mi impongo di calmarmi e tirare un sospiro. Mi avvicino a lui.
Abbasso lo sguardo e noto una chiazza sulla sua T-shirt. Sangue.
Quasi mi lascio sfuggire un gridolino di sorpresa.
"Ti va di fare un gioco?", mi sussurra con quel suo solito tono pacato.
Annuisco a stento. Ho paura dei suoi giochi perversi, anche se devo ammettere che in parte mi eccitano...
Claudio tasta la parete finché non trova l'interruttore. Quando la luce si diffonde per la sala, posso osservare meglio i suoi lineamenti morbidi, raffinati, che fanno a pugni con quelle labbra sporgenti. Concentro lo sguardo su quegli zigomi pronunciati.
Il mio amico si dirige dalla parte opposta della sala, afferra una valigetta e mi mostra il suo contenuto.
Strabuzzo gli occhi. All’interno della valigia vi sono un revolver, un coltello, del filo da pesca, una boccetta contenente veleno e un martello.
“Beh… il coltello l’ho già utilizzato io per uccidere una ragazzina giù in centro. Quindi dovrai usare un’altra arma per far fuori qualcun altro…”.
Gocce di sudore mi imperlano la fronte. “Io… d…dovrei uccidere un uomo?”.
Un’espressione incredula si dipinge sul suo volto. “Non ti va?”.
“Certo che mi va!”, esclamo, illuminandomi in viso.
“Bene, allora… cosa scegli?”
Assumo un’aria meditabonda. Poi mi decido. “Credo che utilizzerò il filo da pesca. Ma… con chi?”.
Claudio muove alcuni passi incerti verso una finestra dai vetri colmi di polvere e ragnatele, mi fa cenno di avvicinarmi.
Eseguo e il mio amico indica un’anziana signora che sedeva su una sedia malconcia sul balcone del suo appartamento.
“Starai scherzando? E’ vecchia… poveretta… è tutta sola”.
“Appunto”, fa il mio amico.
Alla fine mi convinco e annuisco. “Va bé, tanto non le sarebbe rimasto molto da vivere…”.

Claudio è rimasto a casa mia. Ha detto di volersi godere la “scena” con un vecchio cannocchiale.
Dunque mi sono recato nell’appartamento della signora da solo (anzi, no, con del filo da pesca).
Busso al vasto portone d’ingresso con insistenza.
“Un attimo, arrivo…”, grida l’anziana con tutta l’energia che ha in corpo.
Dopo un lasso di tempo, la porta viene aperta e sulla soglia distinguo l’esile figura di una gracile vecchietta. “Cosa c’è, giovanotto?”.
Rimango inerte, attonito: non ho pensato a quale scusa poter accampare per quella visita improvvisa. D’un tratto mi balza in mente un’idea. Sorrido raggiante.
“Lavoro per la gioielleria Pasquini, quella in via Roma. Devo consegnarle un regalo…”.
“Per me?”. La poveretta accenna un sorriso.
“Già. E di cosa si tratta? Chi l’ha inviato?”.
“Ehm – rifletto un istante – questo, purtroppo, non sono in grado di dirglielo. Ma credo che il mittente sia suo figlio…”.
“Mio figlio? Ah, è un mese che non lo vedo!”. La signora quasi scoppia in lacrime per la gioia. “Ma… di cosa si tratta?”.
Estraggo il filo dalla tasca anteriore dei miei jeans e glielo mostro, sperando che non abbia una buona vista.
“Mi sembra molto bello. Ma, sa, sono miope”.
Soffoco una risata: ho colto nel segno. Tutto, insomma, sarebbe andato come previsto.

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