giovedì 26 febbraio 2009

STRAVAGANZE DEL CORPO UMANO

  • Gli alimenti impiegano 7 secondi per passare dalla bocca allo stomaco.

  • Un pelo umano può sopportare il peso di 3 Kg.

  • Il pene di un uomo medio misura 3 volte le dimensioni del suo pollice.

  • Il cuore di una donna ha più battiti di quello di un uomo.

  • In ciascun piede ci sono non meno di un miliardo di batteri.

  • Le donne battono le ciglia 2 volte più di quelle di un uomo.

  • La pelle umana pesa 2 volte di più del suo cervello.

  • Il corpo umano utilizza più di 300 muscoli per mantenersi in piedi in condizioni di equilibrio.

  • Se la saliva non può sciogliere nessun alimento, non lo si può assaporare.
Le donne hanno già terminato di leggere questo messaggio......... gli uomini..........
stanno ancora misurando il loro pollice.

Dal blog di Stella

martedì 24 febbraio 2009

Fiori d'arancio ad Orange County

(N.B. La fan fiction è ambientata a Orange County, nel 2013. E’ trascorso un anno dal matrimonio di Seth e Summer e… ora tocca a Ryan e Taylor convolare a nozze!)

Quando Ryan salì i gradini e fece il suo ingresso nella chiesetta di Berkeley, sgranò gli occhi. Kirsten, Summer, Seth e persino sua madre, Dawn, si erano dati un gran daffare nel decorare le spoglie navate.
Bianchi fiori candidi giacevano sulle panche disposte in maniera ordinata. Anche l’altare era stato ornato con fiori.
Ryan abbozzò un sorriso. Quando si sentì sfiorare la spalla in una pacca affettuosa, si voltò.
Era Sandy.
“Tutto bene?”, chiese in tono carezzevole.
Ryan annuì e gli gettò le braccia al collo. “Grazie”.
“Per cosa?”.
“Per tutto”.
Dopo che si fu sciolto dall’abbraccio, l’avvocato lo afferrò per i poderosi bicipiti, lo strattonò e incontrò il suo sguardo. “Ascoltami: tu farai sempre parte di questa famiglia, chiaro? Ti saremo accanto. Sempre”.
Ryan sentì affiorare le lacrime e fece un grande sforzo per reprimerle. Tornò a volgere lo sguardo verso le decorazioni che conferivano alla chiesa un aspetto austero.
Curvò le labbra in un tenue sorriso e si allontanò a passi lenti.

Taylor fissò a lungo la sua immagine riflessa nell’immenso specchio della stanza della piccola Lucy Cohen, la secondogenita di Sandy e Kirsten, e un’espressione colma di stupore le si stampò in volto. Non avrebbe mai immaginato di essere uno splendore in abito da sposa.
D’un tratto qualcuno bussò alla porta della sala. Taylor trasalì.
“E’ permesso?”. Una voce femminile.
“Avanti!”.
Quando entrò nella stanza, Summer rimase inerte a contemplare l’abito dell’amica. “Sei un incanto!”, esclamò.
“Dici?”, fece Taylor, ghignando.
Summer si portò una mano al petto e chinò il capo di lato. “Ah, non posso ancora credere che tu e Ryan stiate per convolare a nozze!!!”.
A quelle parole la giovane sposa si incupì e si afflosciò su una logora sedia posta in un angolo della sala.
“Ma che hai?”, chiese Summer in un flebile sussurro.
Non tutti i dubbi di Taylor, circa i sentimenti che Ryan nutriva nei suoi riguardi, erano stati fugati.
Summer le si fece vicino e le scostò una ciocca di capelli dal volto. “Tesoro, c’è qualcosa che non va?”.
Taylor tirò su col naso e le parlò dei timori che la affliggevano. “Tu ritieni che Ryan mi ami quanto Marissa?”.
Summer afferrò una sedia e sedette accanto all’amica. Le prese le mani e le strinse vigorosamente. “Marissa è un capitolo chiuso. E’ morta anni fa. Certo, sarà sempre nei ricordi di Ryan… ma il suo futuro è con te”.
Una lacrima solcò la guancia destra della giovane sposa e un ampio sorriso increspò le sue labbra sottili.
“Ora leva quell’espressione dal viso e… vai all’altare!”, seguitò Summer.

La chiesa pullulava di gente. Tutti i suoi famigliari erano impazienti e anche Ryan non vedeva l’ora che la cerimonia avesse inizio.
Lanciò una fugace occhiata al suo orologio da polso. Le 11.16.
Perché Taylor ci mette tanto? Ha avuto un ripensamento? Si è forse tirata indietro?
Terribili pensieri affollavano la mente del giovane Atwood, il quale si impose una calma che non provava.
Quando Taylor giunse da lui, tirò un sospirò di sollievo.Ora, dinanzi ai volti rigati da lacrime di Veronica Townsend, di Kirsten e di Dawn, entrambi erano pronti a giurarsi amore eterno.

Dal blog di Andrea Cinalli

lunedì 23 febbraio 2009

Pensieri del lunedì mattina

Nasco e rinasco ogni giorno, tra sguardi assenti e persi, tra indifferenza e luci fioche, al riparo, dietro lamiere e vetro, così il vento freddo non ci sfiorerà il viso di prima mattina e non ci farà sentire vivi troppo presto.

Maurizio G.

mercoledì 11 febbraio 2009

Eluana ammazzata? Sì, dall’automobile

Per ragioni tristemente strumentali si arriva a dare dell’assassino a un padre
che ha speso tutto se stesso per offrire un appiglio legale e di buon senso
a quel vasto numero di persone che non sanno leggere verità scritte sotto dettatura divina.
Nessuno alza il velo sulle reali cause di morte - morte drammaticamente posticipata - di Eluana Englaro: incidente automobilistico,
una delle 7.000 vittime ogni anno (più di quelle causate dalla terribile guerra civile in Sri Lanka, tanto per stare sul concreto)
che in Italia il culto pagano del motore a scoppio divora tra i cori di entusiastica adulazione
alle quattro ruote di cui siamo vittime quotidianamente.
Eluana è stata ammazzata, sì è vero, ma dalla follia della motorizzazione di massa,
da un’invenzione di fine ‘800 che (a distanza di più di un secolo lo possiamo dire con una certa serenità)
ha sfregiato tragicamente il volto di questo pianeta.
Gli spazi urbani non ci appartengono più, l’aria che infiliamo senza scelta nei nostri polmoni ci condanna a morte,
il respiro della terra si è fatto affannoso.
Ma se l’industria dell’automobile mostra sacrosanti segni di stanchezza,
se non si vendono più macchine perché non si sa dove metterle,
si alza un grido unanime d’allarme e si chiede ai poveri automobilisti
rinchiusi a forza nelle loro scatole di metallo - che pagheranno a rate con l’amaro sudore della fronte - di correre
in soccorso del mostro che li uccide e divora i loro risparmi.
Dal fordismo in poi non sappiamo più pensare a un’economia costruita su valori e modelli
che sfuggano all’attrazione gravitazionale dei motori a scoppio.
Siamo in coma anche noi,
ma non si vedono all’orizzonte disegni di legge per salvarci.

Mauro Mainoli.

martedì 10 febbraio 2009

Sembra impossibile!!!


Il Generale Dwight D. Eisenhower aveva ragione nell'ordinare che fossero fatti molti filmati e molte foto.

OLOCAUSTO

Esattamente, come è stato previsto circa 60 anni fa…

E' una questione di Storia ricordare che, quando il Supremo Comandante delle Forze alleate (Stati Uniti, Inghilterra, Francia, etc.), Generale Dwight D. Eisenhower, incontrò le vittime dei campi di concentramento, ha ordinato che fosse fatto il maggior numero di foto possibili, e fece in modo che i tedeschi delle città vicine fossero accompagnati fino a quei campi e persino sepellissero i morti.


E il motivo, lui l'ha spiegato così: 'Che si tenga il massimo della documentazione – che si facciano filmati – che si registrino i testimoni – perchè, in qualche momento durante la storia, qualche idiota potrebbe sostenere che tutto questo non è mai successo'.

'Tutto ciò che è necessario per il trionfo del male, è che gli uomini di bene non facciano nulla'. (Edmund Burke)


Ricordiamo:

Questa settimana, il Regno Unito ha rimosso l'Olocausto dai piani di studio scolastici poichè "offendeva" la popolazione musulmana, che afferma che l'Olocausto non è mai esistito...


Questo è un presagio spaventoso sulla paura che si sta diffondendo nel mondo, e che così facilmente ogni Paese sta permettendo di far emergere.


Sono trascorsi più di 60 anni dal termine della Seconda Guerra Mondiale.


Questa e-mail viene inviata come una catena, in memoria dei 6 milioni di ebrei, 20 milioni di russi, 10 milioni di cristiani, e 1900 preti cattolici che sono stati assassinati, massacrati, violentati, bruciati, morti di fame e umiliati, nel mentre la Germania e la Russia volgevano lo sguardo in altre direzioni.

Ora, più che mai, a fronte di qualcuno che sostiene "L'Olocausto è un mito", è fondamentale fare in modo che il mondo non dimentichi mai.




mercoledì 4 febbraio 2009

Il ragazzo e la quercia


Pomeriggio d’estate, strada di campagna. Un ragazzo guida distrattamente, lo sguardo pensieroso. Improvvisamente abbandona l’asfalto, imbocca una stradina sterrata e parcheggia la macchina all’ombra di un grande albero.
Il ragazzo, l’automobile e l’albero, tre macchine che divorano energia.
Il ragazzo sa tutto della sua automobile, cilindrata, prestazioni, costo, valutazioni. Ha scelto con cura il colore degli interni e gli optional indispensabili, ha pagato cambiale per cambiale il piacere di sedersi tra lancette e bottoni e sentirsi in un regno tutto suo. Ventiquattro mesi di lavoro obbediscono al suo piede e docilmente gli regalano l’autonomia delle uscite serali.
Il ragazzo è inquieto, ha litigato, vuole riordinare i suoi pensieri. È in un momento difficile: nessuno ha la vita facile, alcuni giorni pretendono di essere guardati in faccia senza veli. Si è chiuso in macchina, il suo regno e la sua corazza, e ha provato a guidare nervosamente per le strade di campagna, liberando insieme la potenza del motore e l’oppressione che gli cova nel petto. Ma non trova sollievo, il blocco non si scioglie, avverte solamente un poco di frenesia passeggera che svuota i pensieri senza alleggerirli. Allora ferma la macchina e parcheggia all’ombra dell’albero. Abbassa il finestrino e non scende dall’automobile, come per non avventurarsi in un mondo che non conosce.
Dell’albero non sa nulla, non sa che è una quercia, non sa che esistono molte specie diverse di querce, non sa che possono essere alte fino a quaranta metri, non sa che fin dall’antichità sono considerate simbolo di vigore, di robustezza, di longevità. Non sa nulla di tutto questo e forse neanche si accorge di essere sotto la chioma maestosa di un vecchio albero. Per affrontare se stesso, però, si è fermato proprio lì. Ha guidato la sua automobile, che ha consumato benzina, che è un derivato del petrolio, che qualche milione di anni fa era una foresta. È andato in campagna, ha spento il motore e ora siede all’ombra della quercia.
Il ragazzo oggi ha mangiato poco: era nervoso. Però ha mangiato, e anche oggi può respirare, vivere, guardare, pensare ai suoi problemi. Mangia ogni giorno, e ogni giorno trasforma la vita d’altri in un pezzo di sé stesso. Mangia carne, che a sua volta ha mangiato altra carne, che a sua volta ha mangiato un po’ d’erba. Oppure mangia direttamente qualche foglia d’insalata o il frutto di qualche pianta. Non mangia sassi o terra, non gli verrebbe mai in mente, non si può, il ragazzo non ha bisogno di impararlo, è la cosa più ovvia della sua vita. Per vivere addenta altre creature viventi, e così devono fare quasi tutti gli esseri di questa terra.
Quasi. La quercia che sta sulla sua testa non addenta nessuno, vive impastando sassi, minerali, acqua, aria e terra. Alza i suoi rami al cielo, le foglie assorbono la luce di tutti i giorni, e nel tronco della quercia risuona il primo grido: sassi, terra e acqua diventano vivi, l’energia del sole muove la vita e la semina in ogni angolo. Il ragazzo sta sotto la quercia perché le piante hanno inventato la vita. Il ragazzo esiste e può vivere perché esistono e vivono le piante. La sua automobile c’è e si muove perché uomini che mangiano piante o altri animali, che a loro volta mangiano piante, l’hanno inventata.
Il ragazzo, l’albero, l’automobile. Tre macchine in un pomeriggio di sole, quel sole che tutto muove.
Il ragazzo non scende dall’automobile e non conoscerà la quercia.
Domani nasceranno più automobili che ragazzi.
Domani cadranno 38.000 ettari d’alberi.
Dopodomani molte macchine si fermeranno.

Mauro Mainoli

I dieci versi dalle canzoni di Battiato da appuntarsi e non dimenticare

Il cantautore, morto ieri nella sua residenza di Milo, era nato a Jonia il 23 marzo del 1945. Ha spaziato tra una grande quantità di generi,...